ARMI NON LETALI
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Le armi non letali
di Francesco Tomasinelli – 2 luglio 2004
Neutralizzare senza uccidere o distruggere sembra essere una delle sfide più difficile per le nuove tecnologie. Negli ultimi venti anni sono stati sviluppati sistemi per attaccare centrali elettriche o rendere inefficaci alcuni apparati elettronici ma il problema del controllo di persone ostili risulta ancora il più difficile da risolvere. Ormai tutte le operazioni militari svolte da paesi occidentali prevedono una fase di “pacificazione”, nella quale emergono spesso contrasti che non possono essere affrontate con i sistemi convenzionali, ovvero con baionette ed armi da fuoco. E’ questo il campo di una nuova famiglia di armi, note come armi non letali (spesso chiamate NLW, non-lethal-weapons) portate prepotentemente alla ribalta in questi ultimi mesi dalla guerra in Iraq. Le forze della Coalizione sul posto hanno dovuto affrontare a più riprese manifestazioni ostili o bloccare persone sospette o pericolose senza provocare loro lesioni di grave entità. E questo è un obiettivo molto più difficile da ottenere di quanto si pensi: per definirsi tale un sistema non-letale deve essere in grado di bloccare un avversario, anche massiccio e molto “turbolento”, ovviamente senza ucciderlo, ma anche senza provocare alcun danno permanente, anche di lieve entità. E non solo; per essere realmente efficace, un sistema di questo tipo dovrebbe funzionare a diversi metri di distanza, avere effetto immediato ed essere leggero e facile da usare. Un traguardo ambizioso in parte ancora da raggiungere.
Tempo fa, e molto spesso ancora oggi, si usavano a questo scopo le pallottole e granate do gomma o spugna. Definite non-letali hanno provocato decine di morti e moltissimi accecati a causa di distanze di impiego troppo ridotte e procedure errate. Non molto meglio sono i gas lacrimogeni (i vari CS, CN e CR) che, oltre ad essere pericolosi se impiegati in elevate concentrazioni, sono anche ritenuti cancerogeni. Ancora più rischioso è l’impiego dei gas disabilitanti, come quello utilizzato con superficialità dai russi nell’assalto al teatro di Dubrovka, con decine di morti tra gli ostaggi.
Già molti anni fa era evidente che occorreva qualcosa di nuovo. Gli sforzi più concreti per sviluppare NLW sono stati portati avanti, come di consueto, negli Stati Uniti ed i primi sistemi innovativi hanno visto un impiego limitato durante l’operazione Restore Hope in Somalia nel 1993. Ma è stato dieci anni dopo, nella fase successiva alle più estese operazioni militari in Iraq, che le armi non letali sono state utilizzate con frequenza. Uno degli strumenti più efficaci, in servizio ormai da anni in molte forze di Polizia, è il taser, una pistola in grado impartire, attraverso elettrodi e cavi lanciati a 5-6 metri di distanza, una scarica elettrica in grado di bloccare una persona. L’effetto dura solo qualche minuto e non crea lesioni di alcun tipo. Un principio diverso e comunque efficace è quello del “pepper gun”, una pistola in grado i sparare una sferetta che contiene OC (Oleoresin caspicum), una polvere con effetti infiammatori immediati sul bersaglio.
Tra i sistemi più originali, e a volte quasi ridicoli, ci sono schiume collose spruzzabili in grado di bloccare il culturista più esagitato, oppure le “stinky bombs”, granate dall’odore pestilenziale. Ancora più surreali le sostanze iperscivolanti, che rendono ogni superficie più viscida del ghiaccio. Ma sempre si tratta sempre di idee con moltissimi limiti.
Il sistema migliore potrebbe essere qualcosa di molto simile al phaser di Star Trek, un apparato semplice leggero, impiegabile a vari livelli di potenza. Esistono studi in tal senso ma sviluppare qualcosa di simile che sia “sicuramente non-letale”, che non accechi, non provochi ustioni, sia leggero, economico e facile da impiegare non è cosa facile. Un oggetto vagamente simile, seppure in grande scala, è lo zapper, una arma ad energia diretta (che impiega luce concentrata) in grado di indurre sensazione di bruciore sulla pelle. Prima della sua introduzione in servizio saranno però necessari ancora moltissimi test per valutarne l’effettiva non-letalità.
Per adesso è ancora evidente che nella maggior parte di questi sistemi il sottile confine tra letale/fortemente invalidante e non letale rimane ancora indistinto. Inoltre, anche gli apparati che vantano un buona affidabilità, come il tazer, hanno altri difetti, come la portata limitata, la bassa cadenza di fuoco e la facilità di neutralizzazione con qualche contromisura (rivestimenti isolanti, per esempio).
Anche in caso di grandi progressi le armi non letali non sostituiranno gli armamenti convenzionali. Però daranno ai comandanti e ai soldati maggiori possibilità operative, evitando lo spreco di molte vite umane.
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Francesco Tomasinelli |
tomasinelli@ragionpolitica.it |
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